mercoledì 24 agosto 2016

Tremore

La serratura scatta due volte, fa troppo rumore per quest'ora, e quest'ora non è un'ora che puoi permetterti. Entri in casa, svuoti le tasche. Ancora troppo rumore, il mobile trema. Ma non sei tu, incerto sui tuoi passi, passi che puoi aspettarti quando le ore si fanno piccole, che poi, chissà quali sono le ore grandi, forse le ore non diventano mai grandi, proprio come te. Trema tutto, insieme al rumore, forse non sei tu, è un terremoto, maledetto terremoto, a quest'ora, che vorresti dormire. Allora resti lì, interdetto o intontito o qualsiasi altra cosa la gente decida che tu stia facendo, in piedi, appena entrato in casa, pronto a calare le braghe. È tutto finito, è stato un attimo, come un illusione, come quando mezz'ora prima abbracciavi una sconosciuta e immaginavi una storia d'amore di poche ore o di tutta la vita, si vedrà, ma poi arriva lui, che la tiene per mano. Ti siedi, sconsolato. Prendi l'apparecchio tipico degli anni dieci, vedi che succede. È successo a Roma, è successo a Rieti. Roba grossa. Forse qualcuno è morto. Domani si saprà. E scrivi, senza memoria, senza coscienza, con strani movimenti del pollice. La terra ha tremato, si potrebbe morire, ma non succederà, non stanotte, nonostante numerosi allarmi risuonino nel buio. Ti siedi, magari accendi una sigaretta se, come me, hai questo vizio maledetto, e lasci passare. Lasci passare i pensieri e prima che te ne accorga hai già dimenticato il tremore. Cosa hai fatto questa notte? Io ero a un concerto. Per venti minuti sono stato sotto il palco. Il muro del suono si avverte fisicamente. Lì sopra, musicisti che danno se stessi. Intorno a me ragazzi nati vent'anni fa coinvolti emotivamente, in una danza di trance, come ero io, vent'anni fa, sotto un palco. Ma a me proprio non piace questa musica. No. Molto meglio vent'anni fa. Ma magari ero io. O chissà. Alla fine la scossa più forte, stanotte, è stata un terremoto. Ma forse, quest'ora, non era un'ora che non potevo permettermi, era solo un'illusione. Era questo scritto che non potevo permettermi.