lunedì 19 marzo 2012

Tor Fazione

Non sai perché ma ripensi a quei 4 ragazzi di borgata che chiamavano il rudere torrefazione, perché quando erano piccoli andavano a farsi le canne lì dentro e quindi erano torre-fatti, e ridevano come se fosse la migliore battuta del mondo. Poi nella torre ci sono andati a dormire dei senegalesi e per questo loro sono razzisti. E sempre senza sapere un perché, pensi che ci siano delle riflessioni profonde in questo ricordo, ma che non vale la pena perderci tempo. Poi ti vengono in mente le maschere del teatro greco e pensi che la gente fa solo delle scelte estetiche quando decide che vita interpretare, e che i ruoli per il dramma sono così limitati che vittima o carnefice è solo l'attimo di rispondere all'appello e poi si va in scena. Il rudere, comunque, resta molto bello.

mercoledì 14 marzo 2012

Con il sorriso senza motivo

Non so se hai presente quando capitano quei mesi di gennaio piovosi, che sembra che piove sempre e che anche se non piove lo sai che tra poco pioverà, e allora stiamo a casa tutte le sere, vediamo un film, o facciamo quei lunghi discorsi inconcludenti, tristi ma solo un po', oppure facciamo l'amore per tutta la sera che sembra che tutto il mondo sia solo la camera da letto? Ecco. Poi viene febbraio, che non piove, ma fa freddo, molto freddo. Rigido, dicono. Che poi io questa cosa del rigido mica l'ho mai capita. Rigido può essere una sbarra d'acciaio. O un'erezione, nelle migliori delle ipotesi. Ma il clima, com'è che è rigido? Allora, se febbraio è rigido, agosto è molle? Sì, con tutta quell'umidità, da un po' la sensazione di molliccio, ma perché nessuno dice mai "che agosto molle, quest'anno!"? Non lo so, ma non è importante. E allora ci sono questi febbrai freddi, rigidi appunto, e poi, a un certo punto, a volte il 20, a volte il 22, a volte addirittura il 16, capitano quelle giornate improvvise di sole, che la gente fa "guarda, sembra primavera!" e ancora ti fa "dai usciamo c'è il sole!" e aggiunge che mica te ne vorrai stare a casa a farti i cazzi tuoi, c'è il sole. Sarà, ma mi ricordo una volta, andavo a scuola, gliel'ho detto al prof, mica sono stato a casa a fare i compiti, c'era il sole, ma lui non l'ha presa bene, non so, per il resto del mondo se è febbraio e c'è il sole proprio non ci puoi stare a casa ma per lui no, valla a capire tu la gente, che io, poi, alla fine son diventato un po' come quel mio professore. E vabbè, allora esci, vai in centro, si va in centro quando c'è il sole a febbraio, e vedi tutta questa gente senza sciarpa, i più temerari hanno pure un maglioncino leggero. E sono tutti di buon umore, così, senza motivo, o meglio, il motivo è che c'è il sole e che nessuno se l'aspettava. Io, invece, sono inquieto. Mi domando sempre dov'è la fregatura. Perché questa giornata di sole improvvisa? Succederà qualcosa, lo so. Ho la sensazione di catastrofe imminente. Un terremoto, un uragano, una pioggia di meteoriti. Perché se io fossi, che so, il destino, il regista dell'universo, farei così: una giornata di sole improvvisa e poi la fine del mondo. Così la gente muore col sorriso, ma con il sorriso senza motivo. Poi, il sole tramonta presto, è febbraio, e non è successo niente. Tutti tornano a casa e anch'io torno a casa, da solo. Torno a casa e mi sento sollevato. Mi sento sollevato e penso speriamo che domani piova.

lunedì 12 marzo 2012

Provincia parallela

Ad esempio, poi, c'è quel tipo, quello alto, biondastro, capelli lunghi. Tre anni fa non esisteva, o almeno io non l'avevo mai incontrato, e quindi non esisteva. Poi, da allora, ogni volta che torno in provincia, lo incontro. Vedo con più costanza lui che i miei amici più cari. È sempre al bancone di un qualche locale che frequento, scola una birra dietro l'altra e questo, di solito, basta a farmi simpatia, ma con lui no, non so perché, saranno i capelli biondi, o il tono della voce. In questi tre anni mi è capitato spesso di parlargli e due o tre sere ci siamo sbronzati insieme. Di lui so che conosce molte persone che anch'io conosco e che ha una sorella, piccola ma maggiorenne, che lui dice essere molto carina e un po' troia, della quale è molto geloso e a volte, dice, può diventare anche violento. Ma non ho la più pallida idea di chi sia, la sorella. Anche perché proprio non riesco a imparare come si chiama, lui, non la sorella. Se devo indicarlo, è quello biondastro, grosso, seduto al bancone, spesso ubriaco, soprattutto dopo mezzanotte. E la gente, in genere, capisce. O al più si confonde con qualcun'altro di quelli seduti al bancone, spesso ubriachi. Ma non è importante: l'arredamento, seppur parlante, è sempre arredamento, e distinguere tra due sgabelli non cambia poi molto il succo del discorso. Io so di non avergli mai detto un cazzo di me: al massimo due chiacchiere sul gruppo che aveva appena finito di suonare, oppure il disappunto per il mio cocktail fatto davvero troppo male questa volta. Ma lui sa come mi chiamo, sa chi frequento, sa che non ho sorelle troie che può scoparsi. È perfino convinto di sapere come la penso su questo argomento o su quell'altro. In poche parole: lui ha un'opinione su di me. Pensavo che questo è fantastico. In provincia è del tutto superfluo essere riservato. Le persone si tramandano convinzioni infondate e questo risparmia molte seccature: non serve costruirsi vite parallele, ma basta osservare nello specchio degli occhi altrui il modo in cui si viene percepiti e cercare di non contraddire mai quella identità che è stata attribuita. Non serve alcuna coerenza né nelle parole né nelle azioni: la provincia è come un costante fluire d'acqua che leviga ogni spigolatura. Quando non ho proprio un cazzo da fare cerco di capire la genesi di queste convinzioni. Qualche volta ci riesco e questo, in genere, mi provoca degli ampli sorrisi.