Stai lì, in piedi, con il pene tra le mani, stai urinando già da qualche minuto e vaghi con lo sguardo, avanti, in alto, di nuovo avanti.
Le ultime gocce. Te lo sgrulli, con fermezza, quando la tua attenzione viene carpita da un dettaglio: un pelo, nero, arricciato.
Ti fermi a osservarlo. E' proprio un pelo. Un pelo di un cazzo. E non è il tuo. Un pelo di un cazzo di uno sconosciuto.
Ora è tutto chiaro.
Stai al cesso del bar della stazione della metropolitana Anagnina. Sono le otto meno dieci e sei già in ritardo. Puzzi come un cane morto nonostante ti sia lavato un paio d'ore prima. Hai una cartella a tracollo. Fino a qualche minuto fa la tua vescica stava scoppiando.
Sei stato 40 minuti in metropolitana, in piedi, sbatacchiato di qua e di là da una massa informe di persone.
Hai corso per prendere la metro, e l'hai persa. Hai aspettato il convoglio successivo, ma era pieno. Troppo pieno. Quando si sono aperte le porte, i vagoni hanno rigurgidato persone, ma non è bastato. Hai aspettato un altro convoglio ancora. Era pieno anche questo, ma non potevi esitare. Sei entrato, in qualche modo.
Prima ancora, sei stato un'ora su un interregionale. Non c'era posto a sedere, sei rimasto nella cabina d'ingresso, poggiato al palo centrale.
C'erano altre 10 persone, quasi tutte taciturne, ovviamente. Due ragazze stranamente avevano voglia di chiacchierare. Hai ascoltato i loro discorsi insulsi.
Ti sei alzato che era ancora buio.
Ti sei svegliato stanco.
Ti sei svegliato stanco.
Tutto questo,
per vedere
un pelo
di cazzo
di uno sconosciuto.
per vedere
un pelo
di cazzo
di uno sconosciuto.
Ti chini quasi a novanta gradi. Un singolo conato e vomiti quel poco che avevi nello stomaco.
Ti pulisci le labbra con il dorso della mano.
Ti sistemi i pantaloni.
Esci dal cesso, poi dal bar, senza guardare in faccia nessuno.
Quel sapore schifoso persiste nella bocca.
Sali le scale, eviti di guardare l'elemosinante.
Arrivi alla fermata del bus e aspetti.
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